“Tu sei in me
Accedi nel profondo
Più velato
Fino a toccarmi il respiro
Decidi di non proteggermi più.
Per il desiderio di trasformarmi in una parte di te,
avresti la forza di stringere al mio il tuo destino…”

[Assunta Morrone | Come Circe]

TESTO DI GIOVANNA LACEDRA

Fino all’ultimo respiro. Insieme.
Insieme dopotutto. Insieme nonostante tutto.
Insieme contro tutto. Persino contro noi stessi.
Stai con me.
Anche se respirarmi ti ammala. Anche se respirarti mi ammala.
Ma resta qua. Allacciato a me. Rimani.
Siamo già troppo lontani così come siamo.
Ora che sappiamo che tutto quello che avevamo è finito. Non finiamo anche noi.
Restiamo. Nello stesso respiro. Esaliamolo, come fosse l’ultimo.
Sono la tua vita. Tu sei la mia vita. Respiriamoci, finché morte non ci separi.
Se mi lasci mi uccidi. Se ti lascio ti uccido. Se mi lasci ti uccidi. Se ti lascio mi uccido.
Indissolubili. Due solitudini fasciate dalla stessa catena.
Senza più linguaggio, né orizzonti comuni. Senza più nulla che profondamente ci leghi.
Eppure così profondamente inseparabili.
Inseparabili nella paura. Paura della recisione di un cordone ormai in cancrena.
Paura di un’amputazione forse necessaria. Paura di non saperci sopravvivere.
“Tu sei l’aria che respiro” si dicono gli amanti. “Sei il mio ossigeno”, per ricordare all’altro che senza non potremmo più vivere. E allora “io ti amo, ti amo da morire”.
Morire per amore, morire nell’amore. Morire dell’amore come se fosse veleno.
Alle volte una storia non finisce perché si ha paura di restare soli.
Ci si aggrappa all’altro. Al ricordo che si ha dell’altro, a ciò che l’altro non è più.
Si pretende ancora e ancora ciò che l’altro non ci può dare. Si resta ad aspettare, per paura di un salto nel vuoto, che qualcosa cambi, pur consapevoli che nulla cambierà.
Eppure non ci si sposta da lì. Ci si aggrappa ad un’abitudine malsana. Ad una dipendenza inquinante. E nessuno dei due riesce a smettere.
E allora sì… ti amo, ti amo da morire! Sei l’aria che respiro!
Respiro il tuo espiro e ammalo l’aria insieme a te.

Questo video di Marco Chiurato è quasi una poesia. Una stasi cristallizzante che mette a nudo la verità. Le parole sarebbero certamente superflue. I dialoghi coprirebbero l’essenziale. L’essenziale è tutto nell’immobilità di quest’uomo e di questa donna che, tesi e ieratici, faticano a respirarsi. Sono l’uno anidrite carbonica dell’altra. Eppure non si spostano da lì. Da quel qui-ed-ora oncogeno: ritratto metaforico di una estrema condizione a due.

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