Quando l’arte è zucchero l’ amaro è a sorpresa
settembre 5, 2016 ·

A volte l’oggetto del desiderio è lecito, a volte meno, altre è solamente non convenzionale. Sul non convenzionale poggia la materia grigia dell’arte lungimirante, si schiarisce la voce l’attore del teatro che con fare beffardo celebra un eroe ingiustamente, scrive il giornalista che moltiplica su più livelli la percezione della realtà.

Capita poi, in rarissimi casi, che l’artista diventi anche voce narrante e cronista, portando sotto gli occhi del fruitore una visione immediata e aderente alla realtà mal celata dalla politica, dall’economia, dalla religione o da tutte quelle forze che tentano di imbrigliare l’ uomo nel precostituito, in quello che dovrebbe essere.

E’ questo il grande merito del lavoro di Marco Chiurato che imprime nelle opere d’arte una funzione psichica e di stimolo al ragionamento. C’è un nesso nelle sue creazioni tra quello che significherebbe mettere un freno e l’avanti tutta, senza riserve. L’armonia “del” e “nel” soggetto scaturisce di getto, non è cercata, è frutto semmai del lavoro intellettuale ai confini dell’arte concettuale. Mescola denuncia, ironia, ricordi, fatti realmente accaduti e la storia recente dall’olocausto all’omofobia passando dalla cristianità, dai diritti umani, dalla sessualità senza mai essere prevedibile. La sua non è denuncia fine a se stessa, ma un’idea che diventa il tutto – sia un’installazione come un’opera più tradizionale ( se così si può dire) – e che vomita incessantemente la sua profondità stridendo con l’informazione o con i dogmi a cui siamo abituati.

Di sicuro nei suoi lavori c’è un che di amniotico. C’è la corporeità che non tralascia le parti inerenti alla sfera sessuale ed anzi le celebra come le più autentiche, c’è un ritorno biblico all’infanzia non come inizio dorato ma come innocenza che si fa apoteosi dell’irreale (motivo per cui utilizza lo zucchero come materia da plasmare), ci sono gli scandali del nostro tempo realizzati con il pan di spagna, c’è il decorativismo dissacratorio ed irriverente dello zucchero e dell’albume pennellato sui corpi nudi e pronto a sciogliersi col calore della luce.

Accostamenti eclettici legati tra loro da nuovi parametri estetici e culturali che spingono verso l’ inedito aprendo gli orizzonti delle menti più strette.

Dedito all’arte dal 2005 ha ricevuto moltissimi riconoscimenti ed ha esposto in Italia e all’estero agli eventi più importanti come la Biennale di Venezia, Art Fair di Hong Kong e SetUp Ary Fair di Bologna, solo per citarne alcuni. Tra le opere più celebri “Hedonistic corruption”, “Sexhibitionism”, “Odio Marco Chiurato” (con Oliviero Toscani, Victoria Cabello e Renzo Rosso), “100% zucchero”, “Nato un papa se ne fa un altro”, “Fecero un deserto e lo chiamarono pace”.

Per i meno attenti è quello della culla di Cattelan, visto il dono non convenzionale ricevuto da Giada Cattelan (sorella dell’amico-collega Maurizio) per il figlio nato lo scorso mese che diventa subito installazione artistica con un curioso omaggio a Pablo Picasso ( e del resto l’erede di Marco Chiurato come poteva chiamarsi se non Sebastian Pablo?).

Per i più raffinati invece è l’artista di Marostica artefice delle opere del ciclo “Inumano” per celebrare il Giorno della Memoria, per non dimenticare una delle pagine più atroci della storia recente- la Shoah- nella prestigiosa sede accademica dell’ Università di Padova, nel gennaio di quest’anno a Palazzo del Bo alla presenza del Magnifico Rettore Rosario Rizzuto e del Prof. Giovanni Gozzini (Università di Siena) e del presidente della Comunità ebraica di Padova Davide Romanin Jacur. Un evento simbolico doppiamente importante per non perdere il filo della storia e perché si tratta di un’acquisizione conseguente l’installazione di Kounellis e una scultura di Pomodoro, tanto per capire la dimensione dell’ascesa artistica di Chiurato.

(si ringrazia per le courtesy stampa delle immagini Marco Chiurato, ndr)

Giulia Cassini ©

A TU PER TU CON MARCO CHIURATO, SEMPRE LASCIANDO FUORI GLI STEREOTIPI

G.C. Dove sta andando l’arte contemporanea in generale e quale direttrice hanno intrapreso i suoi ultimi lavori?

M.C. “L’arte contemporanea in generale sta andando nelle gallerie, la mia sta andando a male, nasce da un rapporto malato che suscita una sensazione sieropositiva o sieronegativa, mentre i miei ultimi lavori spero abbiano preso direzioni diverse dalla mia che negli ultimi nove mesi ha avuto un vuoto creativo, non sono più in grado di mantenerli in vita e quindi dovranno autosostenersi”.

G.C. Il suo ruolo di artista può essere paragonato a quello di un cronista d’inchiesta visto che indaga i nodi fondamentali dell’attualità con coerenza e senza limiti precostituiti?

M.C. “Penso di si, penso anche che un’ opera di un artista o di un cronista, per quanto sia bravo a realizzare qualcosa che emozioni non riesca a superare la realtà. Io sono arrivato al punto di fare performance in giro x il mondo scrivendo giorno e luogo in cui qualcuno ammazza qualcuno. Secondo lei posso raccontare attraverso un’ opera la Siria che superi i fatti reali? Siamo coerenti che abbiamo dei limiti!”.

G.C. Che ruolo ha la materia nei suoi lavori e con quale elemento è più libero di esprimersi?

M.C. “E’ il mio lavoro che ha un ruolo sulla materia, perché la mia materia è povera, e chi è povero non ha nessun ruolo! Stiamo parlando del mondo contemporaneo vero? E l’ elemento con cui sono più libero di esprimermi è la ricchezza, la ricchezza interiore che rubo alle persone”.

G.C. Un’anticipazione su un’opera a cui sta lavorando?

M.C. “È nata da uno schiaffo morale ricevuto ed uno schiaffo immorale reso, per ora gira ancora nello stomaco ed è lì lì x essere vomitata”.

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