chiodi
Amici appassionati e seguitori, non ho che da ringraziarvi per la vostra fedeltà e cieca acclamazione del mio operato artistico.
Tuttavia nel profondo del mio cuore, ho come un turbamento che sento di dover confessare a voi, miei discepoli:
infatti, io che lungamente ho calcato le scene, anche infestando della mia arte lo spazio altrui, ecco, io in questo ho da dirvi:
fui e son tutt’ ora un protetto, un favorito, un cocco, un raccomandato – insomma, gergalmente, un paraculato.
Eppure attendere non intendo i vostri coniati di disapprovazione o di tripudio (già son confuse di questi tempi le emozioni su ciò che sia virtuoso o furberia) gettati su una tastiera.
Anzi, propongo di redimermi ufficialmente in questo modo:
poiché d’ artisti talentuosi e industri che non si prestano a riverenze e ossequi ne sono piene le strade, io dico che sia giunta l’ ora di aprire loro le porte a luoghi di esposizione degni.
Anzi, io medesimo, che forse mai nulla di encomiabile ho realizzato se non i miei stessi economi ai piani alti, indietreggiando, mi assumerò l’ onere di servire costoro, gli artisti veri.
Dunque, sarò io a fare l’ unica cosa che so fare, cioè decorare chiodi.
Chiodi a sostegno del loro lavoro, affinchè finalmente questi capaci trovino stabilità e collocamento, senza doversi arrampicare, come edera, a culi altrui.

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