pressoLe Nove hotel & restaurantVia Rizzi 51, 36055 Nove
LONTANO DAGLI OCCHI, LONTANO DAL CUORE
L’ installazione impone alla vista, finalmente nel medesimo spazio (quando invece la geografia umana separa il cuore dalle cose che non vede o non vuol vedere…), la più grande contraddizione della modernità: l’abbondanza e la privazione, per la quali gli uni s”abbelliscono e gli altri s”accasciano oscenamente al suolo, or già deformi, in un meccanismo ormai consolidato
come un credo, un “e così sia…”.
Appare eppure una Luce.
Qualcuno che – da un qualche dove, forse affacciandosi da un social a quella nostra Rete sopra il Mondo, magari con una condivisione virtuale che tutto concede senza poi nulla dovere -punta una luce, addita, risvela questo fatto oggi dato per esotico, quasi trasognato.
Comunque lo fa alle spalle, da lontano.
Simbolicamente, con uno strumento che l’Occidente ha inventato per andare più veloce e fors’anche lasciarsi alle spalle quello che più non anela: la sopravvivenza.
Forse l’altro, un altro – forse io, forse tu – alzerà gli occhi dall’enfio piatto e vedrà, dopo tutto, il vero senso del suo pasteggiare.
Sofia Cavalli
foto Luca Rigon
foto performance
I COLORI DELL’AFRICA
Ocra, Smeraldo, Zafferano.
Il Pan di Spagna è una pasta dolce e soffice usata per lo più in pasticceria. Fu probabilmente inventata da un geniale pasticcere al servizio di una nobile famiglia genovese, ai tempi della Superba, de La Dominante i Mari Repubblica.
Limone, Bronzo, Giada.
Il suolo freme, arcua la schiena come un gatto, per restituire il calore sordo, bruciante, odoroso di quella terra che ha i segni del calpestio di millemila piedi nudi.
Dove la foresta non arriva, le piogge sono asciugate dal sole più acre che si possa conoscere. E si è come sudditi sotto il suo maestoso trono, all’epicentro del mondo.
Foresta, Ecru, Paglia.
L’impasto del Pan di Spagna viene preparato mischiando a freddo farina, zucchero, tuorli d’uovo e bianchi d’uovo montati a neve (e solo maestria e padronanza, qui, aiutano).
A questo punto, il composto viene versato delicatamente sulla tortiera abbondantemente imburrata e, quindi, infornato per circa venti minuti.
Camoscio, Oro, Bronzo.
Il vento procede imperterrito mentre l’attività umane consumano, degradano, con ghiotta ostinazione, quella materia placida, arrendevole, docile come un gatto anziano disteso sul portico nel tardo pomeriggio.
E quei colori, dal vigore ancestrale e primitivo, diventano finissima, opprimente, sinuosa sabbia.
Seppia, Ambra, Sabbia.
Ogni giorno, da qualche parte, qualcuno sta mangiando una zuppa inglese o qualche torta glassata a base di Pan di Spagna. Ironico che i resti, i fondi di quel morbido Pan di Spagna vengano gettati via, nell’immondizia.
Simbolico, dunque, che quei resti abbiano gli stessi colori dell’Africa; di quell’Africa che è Terra Bruciata.
Sofia Cavalli