Ho provato per te il freddo ruvido della roccia: il tuo pianto assomigliava ad un mare di sale che s’infrangeva senza tregua su spigoli irti, incapaci di cedere.

Ma il tempo ha sostenuto le tue lacrime: la pietra dura s’è ingentilita fino a trasformare la materia in zucchero che ad ogni goccia sempre più franava, sgretolandosi.

Questa scoperta cedevolezza, quel macigno che ora è smusso, arrotondato dal tuo piangere dolce ed ostinato, sono i segni di un più fino rapporto che quel tuo dolore ha modellato.

Stillava il mio dolore su una parete impenetrabile. Ma come lentamente l’ho limata, scavata, trovando insenature prima impensabili, ho fatto esperienza dell’essere liquida. E se tu hai ceduto, l’acqua sempre cede: l’acqua non pretende una forma, resiste arrendendosi sempre per prima. Il grezzo ora è lavorato, è vero, come il mare sugli scogli, ma io per prima mi sono lasciata andare! Ho mollato ogni molecola che tenevo stretta nel petto e mi sono versata su di te, tutta, perdendo ogni bordo, qualunque involucro che mi tenesse salda, al riparo, in me stessa.

 

materlale: acqua, zucchero, ghiaccia reale

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Le lacrime si frangono come su roccia
e si sfumano nel suo rigore di pietra;
ma bada! Anch’ella al fine arretra
e per il pianto che ampio vi goccia
la scorza ch’era petrosa or si lima.
E come lo zucchero al fluido si frange
così il duro cede al cuor che piange,
che abile ottunde c’ogni dolce lacrima.
Ma se cangia la materia a chi lo sostiene,
il pianto, pur chi lo versa si sente smussare
e come sullo scoglio il lavorio del mare
il rapporto da grezzo a polito diviene.
poesia Sofia Cavalli

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